La rivoluzione digitale ha cambiato il modo di comunicare di tutti noi, compreso quello delle mafie. Nel grande ecosistema digitale, i SociaI Network Sites (SNS) sono i vettori privilegiati di interazione e diffusione dei contenuti. Facebook, YouTube, Twitter, lnstagram e TikTok, in quest’ordine, si sono impadroniti della rete, dei nostri computer e dei nostri smartphone, creando una dimensione osmotica che integra e spesso risponde a quanto avviene nel reale.
Le mafie raccontano se stesse e si (ri)specchiano nei post di denuncia dell’antimafia sociale: se g li esperti prima interpretavano il fenomeno organizzandone il racconto, ora si può assistere al reality show delle mafie semplicemente aprendo le nostre app e selezionando il flusso di contenuti suggeriti dagli algoritmi, o seguendo i trend virali degli hashtag o delle canzoni trap e neomelodiche.
In tal senso, si è dimostrato quantomai necessario uno studio delle dinamiche performative dei mafiosi online. Attraverso un approccio double talent, in grado cioè di coniugare conoscenze umanistiche e informatiche, lo studio ha indagato la presenza, in termini di qualità e quantità, delle mafie sugli SNS. Consapevoli del ruolo rivestito dai contenuti digitali in quanto fonti primarie, si è agito sistematicamente adottando tre diversi tipi di metodi di ricerca per estrarre e analizzare una grande mole di dati dalle piattaforme. Da un iniziale metodo manuale per i social di proprietà di Meta, applicato a più di 50 profili, pagine e gruppi Facebook e più d i 30 profili lnstagram, si è passati a un’analisi semiautomatica per l’individuazione di temi e argomenti che sono stati infine trattati ricorrendo a programmi in Python che hanno permesso di processare 20mila commenti a video YouTube, 90 GB di video TikTok, per un totale 11.500 video e 2 milioni e mezzo di tweet.
Ne emerge un immaginario digita le delle mafie che si alimenta in maniera circolare: i social sono lo specchio e il motore di aggiornamento costante (updatism) della cultura criminale mafiosa che risemantizza i vecchi immaginari costruendo consenso attraverso una bulimica creazione di contenuti. Come navigati influencer i rampolli delle mafie promuovono, attraverso la ridondanza del lusso, il successo del loro brand criminale. La generazione Z dei clan e delle paranze sta cambiando il volto delle organizzazioni criminali mostrando quanto sia necessario saper gestire la scena digitale per ottenere consenso ed essere riconoscibili in quanto mafiosi all’interno di una società in cui informazione e consumi rendono tutti uguali.