Le leggi sul diritto d’autore ed in particolare sulla riproduzione di opere (copyright) sono generalmente percepite come inadeguate allo sviluppo della rete e quindi da una parte regolarmente violate, dall’altra rinforzate da misure tecnologiche che oggettivamente restringono i diritti degli utenti, aumentando quindi la percezione di disparità e iniquità di tali leggi, e quindi di liceità della loro violazione.
Esamineremo l’evoluzione storica della regolamentazione della riproduzione industriale delle opere, a partire dal quattrocento, quando è basata sul regime di “privilegi” concessi dal sovrano, che da’ licenza dopo aver esercitato il diritto di censura, e dalle due linee principali di sviluppo, nel mondo anglosassone (statuto di Anna, costituzione Americana) e nel mondo europeo (convenzione di Berna). Notiamo che tali sviluppi sono tutti figli di rivoluzioni: la “Rivoluzione Gloriosa”, la Rivoluzione Americana, la Rivoluzione Francese.
Il XX secolo ha visto due fondamentali sviluppi: tecnologici, con la progressiva possibilità di riproduzione e trasmissione di contenuti multimediali; e culturali, con nuove forme di espressione artistica, anche ad esempio con l’integrazione nella cultura occidentale della cultura afroamericana, e con molti nuovi tipi di espressione. Questi sviluppi mal si integrano in una legislazione nata sulle linee dell’Europa del XVIII e XIX secolo, e riformata nel XX secolo per iniziativa dell’industria culturale con scarso intervento di autori e pubblico.
Verso la fine del XX secolo lo sviluppo della produzione digitale e della rete hanno messo definitivamente in crisi il quadro legale, che si è evoluto principalmente dal punto di vista repressivo, tentando di conservare il potere monopolistico delle industrie culturali tradizionali, che si si sono appropriate dei vantaggi tecnologici restringendo i diritti del pubblico senza avvantaggiare gli autori, e comprimendo seriamente lo sviluppo di nuove forme di cultura. Negli ultimi anni si è progressivamente estesa, anche al livello delle istituzioni governative, la consapevolezza dei rischi che l’attuale disciplina del copyright pone al livello della diffusione della cultura e della sua conservazione (vedi ad esempio il problema delle “opere orfane”, in cui il titolare dei diritti non è reperibile o addirittura lo stato non è determinabile). Si sono quindi estese le iniziative in favore di una revisione della legislazione che sia più attenta ad un bilanciamento dei diritti fra autori, produttori e pubblico.
Concluderemo riprendendo dalla fine dell’ottocento un intervento poco noto di Victor Hugo al Congresso Internazionale di Letteratura di Parigi del 1878. In questo, Hugo difende strenuamente il pubblico dominio, che deve avere diritti superiori anche a quelli degli autori, ma che una legislazione intelligente può tutelare congiuntamente. Questo intervento è in singolare consonanza con molti dei movimenti attuali di difesa e sviluppo dell’interesse pubblico, che dovrebbe essere il vero motore di ogni legislazione.